Viaggi in buttiggia : sapori di Liguria nei versi di un poeta dialettale
Che dire del territorio ligure? Di quelle “scaglie di mare” con quel
“meriggiare pallido e assorto”, per citare il suo illustre natio Eugenio Montale.
Liguria nelle immagini da
cartolina, sulle note delle canzoni di De André, all’ombra della lanterna.
Liguria nelle parole dei poeti dialettali che dipingono con il
cuore le sottili sfumature attinte dalla ricca tavolozza del quotidiano
sentire.
Uno di questi poeti, Mario Traversi, ha recentemente
ricevuto a Varazze il Premio Castrum d’Argento come riconoscimento
per il suo impegno nella salvaguardia delle tradizioni e dei valori culturali
del proprio territorio di appartenenza. Già Presidente dell’Associazione
culturale “U Campanin russu”,
giornalista, scrittore di narrativa ed appassionato poeta, è stato vincitore di
premi e importanti menzioni. Tra le sue raccolte vi sono: “Viaggi in buttiggia”,
“Meste d’ena votta”, “Liguria spicciola e altro” e “Rie”.
Mario Traversi, vuole fornirci un breve profilo autobiografico, che
sintetizzi le tappe salienti della sua vita?
Sono nato a Varazze nel 1933. Ho conosciuto la guerra,
l’occupazione, i bombardamenti e tutto il corollario di quei tempi, che la mia
memoria ha fissato indelebilmente. Di padre pugliese e madre varazzina, ho
arricchito le due espressioni in modo naturale e senza alcuna difficoltà.
Quello per la poesia è un amore nato fin dalle elementari, prima in italiano e
poi in dialetto.
Quali
sono i temi più ricorrenti nella sua poesia dialettale?
I temi sono i personaggi e i fatti della vita quotidiana,
descritti con bonaria ironia, nonché usi, mestieri di una volta e il mondo del
mare: naviganti, pescatori, emigranti.
Quali
elementi della sua infanzia ritrova ancora nella Liguria odierna?
Della mia infanzia non ritrovo che gli ultimi amici che
parlano il dialetto come me, nonché i ricordi di fatti e luoghi che faccio
rivivere con la fantasia, cercando di trasmetterli, quando mi si chiede, agli
alunni delle elementari.
Quali
aspetti, a suo avviso, rendono unica questa regione, contraddistinguendola
dalle altre terre bagnate dal mare?
La Liguria è una regione contradditoria, fatta di
litorale ed entroterra. Si contraddistingue da altre regioni per la sua
precarietà territoriale, che non gli ha permesso uno sviluppo agricolo
sufficientemente ricco come altre regioni limitrofe, costringendola a cercare
cibi alternativi, poveri, trattati con estro creatico come: pandolce, cappon
magro, pasqualina, pesce azzurro. Costretto in una striscia stretta e in difesa
dei “Barbareschi”, il ligure ha sviluppato un carattere chiuso, a prima vista,
ma più pronto all’amicizia quando è sicuro dell’interlocutore.
Quali
tra i suoi versi meglio definiscono l’essenza delle genti e del territorio
ligure?
E’ tutto racchiuso nella mia poesia “L’Anima da Liguria”…
E facce da gente de Liguria,
quella vea,
con e reixe (con le radici) che se perdan lontan
in ti sorchi di bricchi e n’te fasce, (nei solchi dei monti)
in ti gombi e ‘n ti nicci de devocion, (nelle edicole di devozione)
in te ciappe di caroggi e ‘n te creuze, (nelle lastre dei vicoli e dei viottoli)
sono faete de pria… (sono fatte di pietra)
Facce che o tempo o l’ha limmÚu (ha limato)
de fatiga e de s˘o (di sudore)
minealizzando (mineralizzando) sangue e pensieri,
diventando prie de canti (pietre d’angoli)
che han sacci˘o rezze (hanno saputo reggere)
monumenti de civiltae.
Facce che son restae scorpÏe (rimaste scolpite)
in te m˘age che difendeivan i paisi (nelle mura che difendevano i paesi)
da-i sciabecchi levantin (dai schiabecchi levantini)
e ‘n ti vegi campanin (e nei vecchi campanili)
che davan oe a-o travaggio ‘n ti sciti; (che davano le ore al lavoro nei campi)
libbri scriti co-a sappa e cÚ picco. (libri scritti con la zappa e il piccone)
A pria, (la pietra)
faccia e ‡nima de questa taera
dovve t˘tto
o l’Ë costÚu (costato) sempre
troppo cao, (caro)
a gh’a ‘n passÚu ch’o ne sa de afË, (ha un passato che ha il sapore del fiele)
ma se ti sae ammiala co-i euggi do cheu (ma se sai guardarla con gli occhi del cuore)
a se deslengua e a diventa ame. (si scioglie e diventa miele)
quella vea,
con e reixe (con le radici) che se perdan lontan
in ti sorchi di bricchi e n’te fasce, (nei solchi dei monti)
in ti gombi e ‘n ti nicci de devocion, (nelle edicole di devozione)
in te ciappe di caroggi e ‘n te creuze, (nelle lastre dei vicoli e dei viottoli)
sono faete de pria… (sono fatte di pietra)
Facce che o tempo o l’ha limmÚu (ha limato)
de fatiga e de s˘o (di sudore)
minealizzando (mineralizzando) sangue e pensieri,
diventando prie de canti (pietre d’angoli)
che han sacci˘o rezze (hanno saputo reggere)
monumenti de civiltae.
Facce che son restae scorpÏe (rimaste scolpite)
in te m˘age che difendeivan i paisi (nelle mura che difendevano i paesi)
da-i sciabecchi levantin (dai schiabecchi levantini)
e ‘n ti vegi campanin (e nei vecchi campanili)
che davan oe a-o travaggio ‘n ti sciti; (che davano le ore al lavoro nei campi)
libbri scriti co-a sappa e cÚ picco. (libri scritti con la zappa e il piccone)
A pria, (la pietra)
faccia e ‡nima de questa taera
dovve t˘tto
o l’Ë costÚu (costato) sempre
troppo cao, (caro)
a gh’a ‘n passÚu ch’o ne sa de afË, (ha un passato che ha il sapore del fiele)
ma se ti sae ammiala co-i euggi do cheu (ma se sai guardarla con gli occhi del cuore)
a se deslengua e a diventa ame. (si scioglie e diventa miele)
Un sincero ringraziamento a Mario Traversi, eclettico personaggio,
autore di versi, preziosi come i reperti di un antico forziere posto sul
fondale marino, ammalianti come un leggendario canto di sirene, intriganti come
i viaggi di un brigantino che, magicamente, esce da una bottiglia per condurre
“sui mari di una Liguria che non vuole dimenticare la sua storia, la sua
lingua, le sue solide radici”.
Giuseppina Serafino
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