Voglia di Natale, di significati autentici che “scaldano” il
cuore. Il sapore di questa festa lo si avverte già alla fine dell’estate, quasi si volesse cercare
un ideale sostituto di quel benefico tepore
spirituale che le avversità climatiche, e non solo quelle,
sembrano voler negare all’animo umano. Desiderio di ritornare bambini, di avere un’atmosfera magica
che riporta indietro nel tempo quando
bastava poco per sentirsi appagati, o beatamente estasiati
dinanzi alle fioche luci di uno stentato alberello o alle statuine di un
grazioso presepe, allestito
in un angolo di modeste casette. Ora tutto risulta esageratamente sfarzoso come i faraonici
addobbi, le sontuose libagioni, i costosissimi regali, gli immancabili viaggi, come una sorta
di meritato premio a suggello di un periodo festivo, divenuto simbolo di preparativi affannosi,
se non addirittura alienanti. Rimanecomunque suggestivo il senso
dell’attesa ...scandito dalla
sublime armonia della musiche e dei canti natalizi che paiono donarci il senso del Divino, mediante i
messaggi celestiali in essi racchiusi. In passato, i fanciulli si apprestavano a “cantare la
stella”, portando l’augurio di casa in casa, come atto propiziatorio, antidoto contro gli spiriti maligni cha
aleggiano, pronti a insidiare “li poveri homeni”. Un semplice e orecchiabile tema della tradizione
musicale italiana è il canto “La notte di Natale” che si collega con il genere natalizio europeo: i Nőel
francesi, le Christmas Carol, le

bosianne e le david sons dei paesi nordici. Un famoso inno
popolare in Linguadoca è quello titolato “Gli Angeli”con il celebre ritornello
“gloria in excelsis Deo”, esso propone una sintesi di folclore e polifonia
colta e sacra della tradizione conventuale. Al Centro e al Sud d’Italia, i
“biferari” traggono il loro malinconico suono dai primitivi strumenti
pastorali, i pifferi, dal capace otre gonfio d’aria, eredi dell’antico flauto
di Pan. I cosiddetti “ciaramellari”, poco amati da Sthendal, tanto da essere
considerati “detrattori” della musica, intonano le loro cantilene per strada o
davanti ai presepi. “Piva, piva, il bimbo dormiva”. Le pive a Milano sono
sempre le benvenute perchè oltre al Natale, annunciano la festa di S.Ambrogio.
Il tema musicale della versione comasca di questa piva, è identico a quello di
una danza del terzo atto delle “Nozze di Figaro”di WA.Mozart, ma per gli
studiosi è difficile stabilire quale dei due sia nata prima dell’altra. “We wish
you a merry Christmas”, un gradevole motivo della tradizione natalizia
folk inglese, di antiche origini,
nell’Ottocento veniva eseguito da gruppi di musicisti
itineranti, chiamati “waits” (letteralmente
cantori). Essi, dopo aver allietato le residenze delle
famiglie benestanti in festa, venivano

ricompensati con un pasto caldo o con poco denaro. Oltre
alla celebre “Ninna nanna” scritta da Johannes Brahms, grande compositore
tedesco tardoromantico del XIX secolo, risulta di notevole suggestione “Astro
del ciel”. E’ comprensibile domandarsi quale sia l’origine di questa simbolica
composizione, così straordinaria. A Berlino, la notte di Natale del 1840,
Federico Guglielmo di Prussia, ascolta la sopracitata “Stille nacht” dal Coro
della cattedrale, diretto da Felix Mendelsohn. Il re, curioso di conoscerne
l’autore, incaricò il maestro dei concerti reali, Ludwig, di scoprirne le
origini. Il “cacciatore di canzoni”, come venne soprannominato, si recò in
Sassonia, poi a Vienna, ma, sempre più depresso per il mancato raggiungimento
dell’obiettivo, durante il viaggio, mentre mangiava in un’osteria, avvertì il
contrasto del canto di un uccellino e la malinconia della quale si sentiva
preda. Il volatile stava fischiettando la misteriosa canzone della natività. Ludwig
si recò presso l’abbazia di Salisburgo dalla quale l’uccellino, donato
all’oste, seppe che proveniva. Fra gli invitati alla cena offerta dall’abate,
si trovava il professore di una scuola, Ambrosio Preisttarner, che, alcuni
giorni dopo, fischiettava, proprio come un uccellino, sul patio della scuola,
“Stille nacht”. Un bambino di nove anni si avvicinò, convinto che fosse tornato
il suo uccellino scomparso.

Il furbo insegnante si diresse a casa del bimbo,
nella cittadina di Ovendorf, dove incontrò il padre Franz Saber Grubber,
anch’egli maestro di scuola, che disse di aver composto la musica, con le
parole di un suo amico sacerdote, Josef Moor, parroco di Barran, morto pochi
anni prima. Questi, a soli 26 anni, nella notte di Natale, aveva dovuto
visitare un neonato, in una famiglia di contadini, in un’umile casupola che lo
aveva fortemente impressionato, tanto da scrivere il testo di “Stille nacht”.
La mattina seguente, giorno di Natale del 1818, il sacerdote incontrò il suo
buon amico trentunenne Francisco Javier Grubber che, commosso dal racconto,
compose la musica del solenne poema. Il maggiore divulgatore della “canzone del
cielo” fu il famoso costruttore di organi di Sillertau, in Tirolo, Carlos
Mauraher a cui piaceva immensamente cantare.“Tu scendi dalle stelle”, attribuito
a S.Alfonso Maria De’ Liguori (1696-1787) che richiama il tradizionale suono bucolico
della zampogna. Jingle Bells fu scritta originariamente per la festa americana
del Ringraziamento da James S. Pierpoint che la compose nel 1857 per i bambini
di una scuola di Boston. “O Tannenbaum”, motivo della tradizione germanica, descrive
invece l’abete come importante elemento decorativo e rituale, ma di grande
impatto emotivo rimane però “Bianco Natale”, forse perchè significativamente
recita...chiudi gli occhi e spera anche tu, è Natale non si soffre più...Difficile
trattenere la commozione, in concerti corali negli ospedali, di fronte a
sguardi smarriti, a volti rigati di lacrime o contratti dal dolore, e non solo
fisico, ma impagabile la sensazione di felicità che scaturisce dall’applauso
sincero tributato per quei frammenti di vita che la dolcezza del canto, come
una delicata carezza sulle ferite del cuore, riesce donare.
(Giuseppina Serafino)
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