
Presso il
Museo Poldi Pezzoli di Milano è stata riaperta al pubblico
la Sala degli orologi, con un rinnovato allestimento, reso possibile
grazie al generoso contributo di Nina Stevens, in ricordo del compagno Patrick
Heiniger, storico CEO di Rolex. Gian Giacomo Poldi Pezzoli possedeva nella sua
collezione di preziose rarità un piccolo gruppo di orologi: due esemplari con
automi (uno è il famoso




“carro di Diana”), alcune tipologie curiose (un
orologio da carrozza, orologi da tavola e da persona con raffinati smalti e
pietre dure, objets de vertu). Si trattava in tutto di quindici oggetti, cui si aggiungevano dieci tra pendole e orologi da muro, destinati all’arredo delle
dimore patrizie; in seguito nuove donazioni arricchirono le collezioni con
orologi solari e meridiane. Ora sono quasi 250 gli oggetti che compongono la preziosa
collezione della casa museo, la maggior parte dei quali restaurati tra il 1973
e 1986. Grazie ad
ARASS Brera e
Fondazione Cologni Mestieri per l’Arte
almeno una trentina di essi potranno tornare a suonare, alcune volte durante
l’anno. La conoscenza dei meravigliosi meccanismi si potrà attuare mediante un’applicazione touchscreen realizzata da Streamcolors con il
bando Innovacultura di
Regione Lombardia,
Camere di Commercio Lombarde e
FondazioneCariplo. Non si è trattato solo di un intervento di carattere tecnico, ma anche
di un ripensamento sotto il profilo museografico, che consente agli esperti e
ai visitatori di comprendere meglio le caratteristiche della raccolta, ora
suddivisa in ben 15 sezioni, studiate da Lavinia Galli (dai primi orologi
portatili fino al modernissimo Breguet, attraverso importanti nuclei dal
barocco al XIX secolo) all’interno delle quali si raggruppano tipologie di
orologi che mostrano la trasformazione della


misurazione e quindi del valore
del tempo nel corso dei secoli.“Il nuovo lavoro e il nostro sforzo- ha
affermato Annalisa Zanni, direttore del Museo,-“testimoniano il costante
impegno del Poldi Pezzoli nell’aggiornamento museografico, che avviene
attraverso la tecnologia ma tiene sempre protetta l’identità del Museo: è il
nostro doveroso tributo a questo scrigno prezioso, nato dalla passione
collezionistica di Gian Giacomo Poldi Pezzoli e, successivamente, di Bruno
Falck e di molti altri donatori che insieme agli studiosi continuano a farlo
vivere”.
Giuseppina Serafino
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