Carnevali d’Italia

elargiti fra la folla assiepata fra le viuzze. Apicio nel
suo “De re coquinaria” parlava di “frittelle a base di uova e farina di farro
tagliate a bocconcini, fritte nello strutto e inzuppate nel miele”. Sono molteplici
i nomi che contraddistinguono questi leccornie del lasso di tempo più colorato
dell’anno: si va dalle bugie in Liguria, ai cenci di Toscana, alle frappe di
Roma, i galani in Veneto e i cròstoli del Friuli. Sottili o a volte un po’ più
corpose le chiacchiere di Carnevale
metri di nastri
colorati, oltre a spille, anelli,
collane. In Emilia Romagna il Carnevale di Cento (Fe) da tempo viene insignito
del titolo di Carnevale d’Europa per i cinque
fine settimana in cui si vedono sfilare carri mascherati, da cui vengono
lanciati dolciumi, e gadget di ogni sorta; a suggello il rogo di Tasi , la maschera
tipica per simboleggiare la fine dell’evento. Epico il Carnevale di Viareggio(Lu) che si svolge dal 1873, quando un manipolo di giovani della borghesia
locale organizzò una sfilata di carri
costruiti dalle maestranze del porto per
protestare contro l’inasprimento fiscale. Da allora i carri sono divenuti un
vero rito a tal punto da essere
considerati delle vere e proprie opere d’arte. Il Carnevale più antico d’Italia
viene considerato quello di Fano, nato
nel 134 per celebrare la riconciliazione della famiglia guelfa del Cassero con
quella ghibellina del Carignano. Colonna sonora della festa è la musica arabita:
in cui la banda utilizza strumenti
ricavati da oggetti di uso comune, come latte, lattine,
caffettiere, coperchi e
brocche; altro tratto distintivo è il “vulon” un pupo che rappresenta la
caricatura del personaggio più in vista della città, che viene bruciato la sera
del martedì grasso. Un altro Carnevale antichissimo, nato nel 1394, è quello di
Putignano (Bari), uno dei più spettacolari del Sud d’Italia, che vanta la
presenza de la Farinella, una maschera tradizionale ed anche piatto locale (una
minestra di orzo e ceci). Un Carnevale alquanto anomalo è quello del Rumita (eremita)
celebrato a
Satriano, un paesino del Parco nazionale dell’Appennino lucano, in
cui da secoli le persone si travestono da alberi per bussare alle porte,
annunciando la primavera. L’auspicio in questo, come in tutte le
manifestazioni analoghe è quello di una
sorta di liberazione dalle amarezze per approdare ad uno stato idilliaco di
risveglio dal torpore che inibisce le energie creative dell’individuo e quindi
, cosa c’è di meglio, riflettendo sul disagio attuale, se non augurare a
tutti un… “Carnevale molto dolce!”
Serafino Giuseppina
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